Specchio, specchio delle mie brame. Dimmi…

Dalla cura esagerata di sé per apparire… alla cura del proprio corpo per rispetto di sé e per gli altri.

Obiettivo

Cogliere come il rispetto e l’amore verso se stessi passi in primo luogo dalla cura del proprio corpo come tempio dello spirito e come mezzo di relazione con gli altri.

Chiave per entrare

È la stanza alla quale, in generale, raramente pensiamo, meno ancora in un percorso di  spiritualità e di catechesi. Tuttavia è il luogo della casa che conosce di noi gli aspetti più intimi e personali. È il luogo che richiama la purificazione, la cura del nostro aspetto, l’attenzione a sé e agli altri. Ci riporta la storia del rapporto, a volte difficile e complesso, che abbiamo con il nostro aspetto, con la nostra unica e irripetibile manifestazione: il nostro corpo. La preoccupazione giovanile per il proprio aspetto, per l’armonia del corpo, per i difetti, l’ansia di essere accettati e il timore di non essere accolti per qualcosa che nel nostro corpo pensiamo possa essere rifiutato, trovano negli sguardi attenti allo specchio lunghi momenti di trepidazione.
La stanza da bagno ci fa venire in mente soprattutto l’acqua e il lavare, lo specchio e la cura di noi, asciugamani, profumi… per avvolgere, impreziosire. 

Assieme alla scoperta del valore del proprio corpo, alla necessità e al piacere di curarlo, in qualche modo, conoscerlo, emerge anche la scoperta delle proprie reazioni di fronte agli avvenimenti e l’esperienza dei limiti e delle possibilità del corpo e la capacità della serena accettazione di se stessi.

Il nostro corpo può entrare in gioco da cristiano perché mette in evidenza una domanda radicale: “Signore, come devo spendere il mio corpo?”. Non un corpo brutto, maltrattato, misconosciuto: è un compito importante, oggi, costruire un corpo bello, vibrante, sano, simpatico, equilibrato perché possa obbedire al Signore. È bello prendersi cura di sé per non mettere a disposizione del Signore e degli altri qualcosa ritenuto di poco conto. Certo, nessun corpo è perfetto. Ai cristiani compete di rendere ogni giorno il proprio corpo più umano, cioè a favore di uomini e donne capaci di intrecciare rapporti sereni, giusti, teneri, fecondi, perché “Ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto” (1Ts 4,4)

Il corpo è molto più di uno strumento: è la parte visibile di noi. Siamo noi in relazione con le cose e con le persone.
In sostanza il corpo è la nostra ricchezza e il nostro limite; il nostro corpo non è altro da noi, ma non è tutto di noi; certo non possiamo fare a meno del nostro corpo, ma nemmeno lasciarci condizionare in tutto da esso. Con il nostro corpo ci siamo fin dal primo istante della nostra esistenza, ma imparare a viverci insieme positivamente è un impegno di tutta la vita.

Attività

Mi metto allo specchio

Modalità
All'inizio dell'attività, si fa girare tra i ragazzi uno specchio per osservarsi: ognuno esprime un particolare del suo aspetto fisico che non gli piace. 
In seguito ai ragazzi viene consegnato un biglietto su cui c'è scritto il nome di un altro/a ragazzo/a. Si chiede loro di indicare un aspetto positivo di quella persona. 
Tutti i biglietti saranno poi raccolti in un cestino e verranno letti ad alta voce.

Materiale

Specchio, Foglietti di carta, biro, cestino.

Domande

  • Quanto tempo dedichi alla cura del tuo corpo? 
  • Questa cura è sufficiente a renderti sicuro del tuo aspetto? 
  • Usi lo stesso tempo e la stessa cura per il tuo spirito? 
  • Cos’è per te la bellezza?
  • Come vivo il bagno?
  • Che cos’è per lo specchio? Come mi vedo? 
  • Quali sono i gesti con i quali ti prendi cura del tuo corpo?
  • Il tuo corpo è strumento di relazione con gli altri: il tuo modo di presentarti è rispettoso degli altri?

Brano biblico

Dal Vangelo secondo Marco (2,1-12)

Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante  persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

 

Commento

Il paralitico, calato dal tetto ad opera di quattro persone, è posto davanti a Gesù. Gesù rimette i suoi peccati, anzitutto! Poi per rivelare il suo “potere di perdonare i peccati” guarisce anche l’infermità fisica e rimanda a casa il paralitico con le sue gambe…
La vera guarigione non riguarda il corpo e le sue paralisi, sembra dirci il Signore. Paralisi nella vita cristiana è il peccato, origine di ogni paralisi, schiavitù del nostro cammino di discepoli. Ciò che ci imbruttisce non è fuori, ma dentro di noi. Quante volte cerchiamo di ripulire l’esterno. Quanto spesso il nostro sguardo si ferma all’esterno, all’apparenza, all’estetica… pare che il passaggio sia dall’estetica, all’etica. Non tanto ciò che appare, ma ciò che conta è il cuore. "Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore" (1Sam 16, 7).
Gesù stesso, per la sua apparenza, non è riconosciuto come Dio. Eppure il cuore della sua missione è proprio rivelare il volto vero di Dio. In quanto discepoli del Signore, anche noi siamo chiamati a scoprire il vero volto di Dio e a mostrarci agli altri veri in volto e non mascherati a seconda della situazione. Il perdono di Dio, poi, è l’incontro di salvezza che ci guarisce dalla paralisi del peccato e smaschera le nostre falsità, per permetterci di essere più autentici e di costruire relazioni vere.

Proposta celebrativa

Celebrazione penitenziale

La celebrazione penitenziale è un momento vitale nel cammino di fede dei cristiani. 
Con la celebrazione del perdono la Chiesa chiama il credente a vivere il passaggio dalla schiavitù del peccato alla libertà nel bene, manifestandoci la vittoria di Cristo sul male.
E’ importante saper  rivedere la nostra vita e celebrare periodicamente la misericordia di Dio e la riconciliazione con Dio, con se stessi e con gli altri. 
La celebrazione penitenziale deve essere un momento forte di incontro con il Signore, dove facciamo esperienza dell’amore, della tenerezza e dell’amicizia con Dio.