Dai! Fammi ridere!

Dal divertimento come sballo… al divertimento per costruire legami e relazioni significative 

Obiettivo

Riconoscere il divertimento come sana occasione per esprimere se stessi e dare valore alle relazioni con gli altri.

Chiave per entrare

La taverna come locale di ritrovo ha radici nell’antica Roma. È sempre stata considerata un’osteria di basso livello, non certo un locale di lusso, dove si trovavano in modo a dir poco informale, i poco di buono a scambiare quattro chiacchiere davanti a qualche bicchiere di vino…
Chiaramente noi pensiamo alla taverna in altri termini. Pensando alle nostre case, alcune avranno la particolarità di essere dotate di un “piccolo locale, spesso sotterraneo o seminterrato, per lo più privato, arredato in stile rustico e usato per cene, feste e sim” (da dizionarioitaliano.it), ma qualche elemento delle origini può tornare utile al nostro tema. 
Parliamo di tempo libero, di incontri informali, di gruppo di amici, di voglia di divertirsi e di far festa. Vogliamo vedere insieme ai nostri adolescenti, come essi abitano l’informalità: quello spazio e quel tempo assolutamente privo di “forma”, senza, cioè, un’organizzazione, uno scopo preciso, un motivo istituzionale o una regola che definisca le relazioni. Per l’adolescente l’informalità evoca situazioni caratterizzate da spontaneità, creatività, divertimento. Spazi in cui è possibile esprimere il proprio protagonismo, difesi dall’invadenza del controllo dell’adulto che, invece, valuta questa dimensione con preoccupazione per i rischi che nasconde, ma così prezioso e necessario per la crescita e la costruzione dell’identità dei ragazzi. 
Non è certo estranea al mondo adolescenziale contemporaneo l’idea che questo possa avvenire, come un tempo, davanti a qualche bicchiere magari di birra o di qualche super alcoolico, accompagnati da qualche cocktail di sostanze non sempre benefiche…
Qual è il reale motivo che spinge gli adolescenti a fare uso di questi “ausili” per stare con gli amici?
Sappiamo bene l’importanza che le relazioni con i coetanei rivesta per ogni ragazzo di questa età, quanto sia forte il bisogno di riconoscimento da parte del gruppo dei pari per l’autostima individuale, ma soprattutto per quel processo identificazione e separazione che contribuisce alla costruzione del sé.
A volte il disagio della fase evolutiva che si attraversa rende così insicuri da pensare di non riuscire a relazionarsi in modo positivo, o meglio accettato dagli altri, se non adattandosi a certe condotte. Si aggiunge a questo aspetto, l’idea di sperimentazione di limiti e potenzialità del nuovo corpo adolescente. Ancora di più se lo si fa alla presenza o in compagnia di coetanei. Il loro sguardo non solo può essere lì per condividere l’esperienza, ma risulta fondamentale in quanto può essere percepito come portatore di giudizi e aspettative che non possono essere deluse, pena l’impossibilità di sentirsi grandi ed accettati. Il gruppo è al centro della sperimentazione delle sostanze che alterano i livelli di coscienza, intanto perché disinibisce e rende facile l’approccio. La sensazione di riuscire a raggiungere una maggiore capacità relazionale, grazie al fatto che la vergogna e l’imbarazzo vengono temporaneamente anestetizzate, lasciando il posto alle risate senza senso, al fluire di un pensiero inconsueto e spesso incongruo; così ci si sente parte integrante del gruppo, anche per il solo fatto di partecipare ai suoi rituali.
Un aspetto che viene molto spesso censurato, per la sua sconveniente verità, è il piacere che queste sostanze procurano in chi le assume. Ai ragazzi piace illudersi di essere più socievoli, mentre fuori dall’effetto della sostanza la verità spesso è che si sentono all’opposto. Chiaramente si tratta di un alterazione che “fa credere di essere”, non che “fa essere” e acquisire competenze sul piano identitario. (Pietropolli Charmet G., AdolescIenza, Ed. San Paolo)
Va da sé che le relazioni che si fondano su questo tipo di dinamiche risulteranno anch’esse alterate e non risponderanno al forte e reale bisogno di legami significativi, significanti, in grado di accogliere e valorizzare la personalità di ognuno che può così trovare terreno favorevole per esprimersi in libertà.

 

Attività

I attività LEGÀMI

Al mattino ognuno prende da un cestino un biglietto, su cui è scritto il nome di un'altra persona., senza rivelarlo a nessuno. Ciascuno avrà un suo compagno, a cui dedicare nell'arco della giornata cura e attenzione.  
Al termine della giornata, ci si ritrova in cerchio. 
Prima ognuno dirà chi pensa sia stato il suo “angelo custode “per quella giornata. 
Poi ogni ragazzo svelerà al gruppo il nome della persona a lui affidata e aggiungerà un particolare, una situazione, un'esperienza vissuta con lui/lei durante il Campo ,che ritiene importante, bella, significativa. Fatto questo passerà a lui/lei il capo di un filo, che poco alla volta unirà tutti in una ragnatela di legami.

II attività: Festa di fine Campo

Materiale

Biglietti, cestino, rotolo di spago o filo lungo

Domande

  • Cosa significa per te divertimento?
  • Quali sono i tuoi divertimenti? Con chi condividi questi momenti?
  • Che emozioni provi quando ti trovi con gli amici?
  • Per te è importante quello che pensano gli altri quando ti diverti?
  • Cosa pensi riguardo all’alcool e altre sostanze: aiutano i ragazzi a divertirsi?

Brano Biblico

Dal Vangelo di Giovanni (2, 1-11)

Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela".
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora".
Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Commento

Cana. L’inizio dei segni! Luogo della rivelazione e della manifestazione di Gesù e del suo essere vino nuovo e sposo fedele. Le feste per i matrimoni duravano alcuni giorni, perfino una settimana, con parenti che provenivano da ogni dove ed erano ospitati per alcuni giorni… verosimile, dunque, che le scorte potessero venir meno!
Maria, con premura di madre, attenta e delicata, chiede a Gesù di intervenire per togliere dall’imbarazzo la famiglia degli sposi. E ecco il segno. Il vino, essenziale alla festa, non può mancare. Gesù trasforma acqua in vino per più di 500 litri…
Bella questa icona biblica che ci aiuta a pensare come la festa e l’allegria condivisa costruiscano legami, mantengano le relazioni, facciano crescere nell’intesa comune e nella comunione di vita. Il vino è un segno, non è la sostanza, rimanda ad altro. Non è importante in sé, bensì come strumento per raggiungere lo scopo della vita insieme e della festa. A volte noi confondiamo il fine, lo scopo, con gli strumenti per raggiungerlo, così che non può esserci festa e divertimento se non con una “sana ubriacatura”…

Proposta Celebrativa

Il rosario

Il Santo Rosario è considerato una preghiera completa, perché riporta in sintesi tutta la storia della nostra salvezza. Con il Rosario infatti meditiamo i "misteri" della gioia, della luce, del dolore e della gloria di Gesù e Maria. È una preghiera semplice, umile così come Maria. È una preghiera che facciamo insieme a Lei, la Madre di Dio: quando con l'Ave Maria La invitiamo a pregare per noi, la Madonna esaudisce sempre la nostra domanda, unendo la sua preghiera alla nostra. Lo stile del Rosario è una preghiera che invita al raccoglimento, all’ascolto profondo, alla preghiera del cuore. “Senza contemplazione, il Rosario è corpo senz'anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule» (Paolo VI Rosarium Virginis Mariae, 12).