Nel segreto della tua camera
Dal ripiegamento in se stessi, intimità, … all’interiorità spirituale
Obiettivo
Maturare la propria spiritualità intesa come capacità di dare senso e spessore a ciò che si vive.
Chiave per entrare
Ognuno di noi sa che la camera è testimone della nostra vita, delle gioie e dei dolori, delle stanchezze e dei sogni. La camera ha un valore estremamente ricco. È il luogo in cui siamo noi con noi stessi.
Viene l’età, ed è proprio quella dell’adolescenza, in cui la porta della cameretta si chiude. Diventa difficile entrare senza qualche titubanza, sapendo che si dovrebbe annunciarsi, chiedere l’autorizzazione. All’interno dello spazio domestico complessivo l’adolescente ritaglia un territorio che viene privatizzato, delimitato e dichiarato di suo uso esclusivo. Nello spazio privatizzato compaiono le insegne dell’età: i poster, le collezioni, i ritratti degli idoli, le fotografie significative e tutto il necessario per ascoltare la musica e restare in contatto con gli amici, i compagni e i coetanei a tutte le ore. La semantica degli oggetti, il vissuto degli spazi riferiscono di percorsi evolutivi, di esigenze che cambiano, di relazioni che si ridefiniscono. Riferiscono soprattutto di nuove distanze, limiti e divieti che si interpongono tra genitori e figli, rendendo estraneo ciò che fino a poco prima risultava familiare e ovvio. (Elisabetta Musa in Camera con vista o senza?, NPG novembre 2012)
Anche i genitori capiscono che l’adolescente ha bisogno di avere uno spazio suo, arredato secondo le proprie intenzioni in modo che gli amici, leggendo i segni della sua cameretta, capiscano le scelte e i modelli ai quali si ispira. Da questo momento, si apre la stagione dei conflitti relativi alla definizione su chi sia il responsabile della manutenzione dell’ambiente. Il disordine della cameretta e la sua caratterizzazione in controtendenza con il resto della casa, esprime bene la differenza fra le generazioni. Ciò che succede nello spazio domestico non è che l’esteriorizzazione di ciò che sta succedendo nella sua mente.
Il ragazzo ha bisogno di vivere in un colossale disordine, espressione più che di pigrizia, del bisogno di partire dal disordine per rimettere col tempo le cose a posto, scegliendo il cambiamento e la libertà espressiva come valori di riferimento nel guidare le azioni da compiere o le omissioni da effettuare.
Se come sosteneva Maria Montessori, l’ordine esteriore contribuisce a dare forma a quello interiore, il disordine in cui i giovanissimi sembrano stare così a proprio agio, non può che dare conto della condizione magmatica e confusa che occupa la loro interiorità.
La cameretta è l’incubatrice che protegge e consente lo sviluppo dell’adolescente nella sua identità, destinato a portar fuori dalla camera ciò che ha imparato al suo interno dove ha studiato alcune “materie” fondamentali della vita . (G. Pietropolli Charmet – L Cirillo, Adolescienza, manuale per genitori e figli sull’orlo di una crisi di nervi, Ed. San Paolo)
Assumiamo dunque la cameretta come spazio privilegiato del sé. La camera permette di isolarsi in un luogo protetto. Consente di coltivare segreti, di tenersi al riparo dallo sguardo apprensivo dei genitori, di guadagnare spazi via via più ampi di autonomia e di silenzio. In questa sospensione delle relazioni è possibile “prendere le distanze dalle rappresentazioni cristallizzate di sé stessi e ridimensionare o riconsiderare i propri sistemi di valori”. Imparare a stare da soli non è solo sottrarsi agli scambi comunicativi, ma sperimentare l’eco dei propri passi in assenza di una guida, avvertire lo smarrimento rispetto alle piccole o grandi decisioni, cominciare a maturare cambiamenti, a prendere nuove posizioni rispetto ai propri comportamenti. Imparare a comunicare n modo autentico con la propria interiorità, vuole dire iniziare ad accettare che nelle cose più profonde e importanti ognuno è solo con se stesso. Abitare la propria stanza per rifugiarsi con se stessi, non significa negare o allontanarsi dalle relazioni familiari, o esprimere un disagio, bensì significa esercitare la capacità di entrare in rapporto con le proprie emozioni più profonde. (Elisabetta Musa in Camera con vista o senza?, NPG novembre 2012)
Attività
1° Attività
In partenza per una passeggiata si affida ad ognuno il pane (ostia) che verrà consacrato durante la S. Messa. Verranno preparati in un cesto dei biglietti con dei passi biblici, da meditare singolarmente, lasciando circa 10 minuti. In seguito si possono invitare i ragazzi a fare silenzio osservando il creato, per altri10 minuti.
2° Attività
Ognuno avrà a disposizione un foglio dove è rappresentata una porta. Sulla facciata esterna i ragazzi sono invitati a rappresentarsi, con una parola o un'immagine, come si mostrano agli altri; nella parte interna come si sentono interiormente. Dopo aver lasciato circa 10 minuti, ci si riunisce in cerchio e tutti i ragazzi mostreranno la parte esterna; chi se la sente mostrerà anche quella interna.
Materiale
Pane, cesto, biglietti con dei passi biblici, foglio con rappresentata una porta, matite, biro, pennarelli.
Domande
- Che tipo di camera sono?
- Come vivo “Il segreto della mia camera”?
- C’è un luogo, una situazione, un tempo, un momento del giorno, in cui ti è più facile pregare? Quale?
- Cos’è per te la preghiera?
- Riconosci di aver fatto un cammino spirituale? Quali tappe individui?
- Dove pensi di poter attingere per migliorare la tua vita di preghiera?
…Solo pregando si impara a pregare…
Altre domande
- Descrivi la tua stanza, gli oggetti che ci sono, la loro disposizione, i ricordi e le sensazioni che ti suscitano.
- Immagina di guardare la tua stanza a testa in giù, da un angolo in particolare, dall’alto, dal buco della serratura. Cosa potresti scoprire di originale?
- Decidi di far parlare gli oggetti della tua camera: cosa direbbero di te?
Brano biblico
Dal Vangelo secondo Luca (6, 46-49)
Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?
Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande.
Commento
Scavare a fondo è il segreto di ogni vera interiorità. Non ci si può fondare su se stessi, non ci si può ancorare a sé, ma alla roccia. Chi è roccia, se non il nostro Dio? (Sal 18, 32).
La differenza fra i due uomini è indicata dalla superficialità e dalla profondità. Costruire sulla terra significa stare in superficie, presumere che la comoda terra sia sufficiente a sostenere il peso dell’edificio. Ma il fiume in piena, che prima o dopo minaccia la costruzione, ne determina la rovina decisiva.
Scavare in profondità, raggiungere la roccia e lì poggiare le fondamenta, è opera dell’uomo sapiente che raggiunge la roccia, per ancorarsi e dare stabilità.
Quanto è importante la fatica dello scavo! Una fatica fruttuosa. Una fatica posta all’inizio, che poi offre stabilità, consistenza, solidità, durata. Anche contro la piena del fiume che insidia la tenuta dell’edificio.
Crescere nella vita spirituale significa proprio dare fondamento e stabilità alle scelte, significa scavare nel significato e nelle conseguenze di ciò che si vive, per ancorare a Dio ogni desiderio e ogni passo.
Scavare molto profondo, dice Gesù è ascoltare le sue parole e metterle in pratica. La Parola ci permette di cogliere la verità su Dio e sull’uomo e di costruire su quella roccia che è Dio.
Proposta celebrativa
L'icona
L'icona è una esperienza spirituale, ma anche sacramento della divinità e umanità del Cristo. L’uomo è ad immagine di Dio. E il “Volto di Dio nell’uomo ci permette di decifrare il volto di ogni uomo in Dio” (Oliver Clément). Il Volto di Dio e il volto dell’uomo sono uniti in un’inscindibile storia d’amore: ciò che si rivela dell’Uno non può non definire anche l’altro. Contemplare il volto di Gesù nell’icona è cercare di essere sempre più simili a Lui.
Perché questo incontro si realizzi in profondità, l’Icona, nata dalla preghiera e per la preghiera, è eseguita nella preghiera. Ogni gesto dell’iconografo è vissuto come un atto liturgico che culminerà, a stesura ultimata, nella benedizione e nella venerazione orante della Sacra Immagine.
L’icona, che vuol rivelarci la bellezza di Dio, rappresenta generalmente episodi della vita di Cristo, attraverso la sua contemplazione e la preghiera si entra in comunione con l’invisibile, si instaura una relazione profonda tra il credente e il mistero rappresentato. L'icona è inseparabile dalla parola viva di Dio, è la sua traduzione in un linguaggio di bellezza, luce e colore.
La proposta celebrativa per quest'ambiente si rifà allo stile della preghiera di Taizè di contenplazione di un'Icona.
Link
Fenomeno HIKIKOMORI
Chiusi in una stanza: gli hikikomori d' Italia
L' Hikikomori entra nel vocabolario e nella realtà italiana
Cameretta con vista: sull'anima
Camera con vista o senza? Di Elisabetta Musi in Note di Pastorale Giovanile, n.8 novembre 2012